Bergamo ieri, oggi e domani

Bergamo. Un piccolo e industrioso capoluogo della profonda provincia italiana, dove la laboriosità e la discrezione degli abitanti sono la cifra distintiva del suo popolo.

Doina Ene 03.04.2020

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Gente pragmatica e fiera della propria storia, delle tradizioni e civiltà, i suoi cittadini sono notoriamente apprezzati per essere dei grandi lavoratori e questo spirito contagia chiunque viene a vivere qui. I bergamaschi sono orgogliosi della propria città, della Città Alta in particolare così caratteristica e ricca di storia. Sospesa tra la vicina ed internazionale Milano, potente polo di attrazione, e le aree ad est verso il Veneto con la lontana Venezia che in un passato glorioso amministrò a lungo questa terra di confine col Ducato di Milano di cui Bergamo era l’estremo baluardo.

Ieri

Il destino e il suo patrimonio culturale volle che potesse finalmente riscattarsi dalla sudditanza verso Milano salendo agli onori delle cronache nel maggio del 2018. Il suo nome, sconosciuto per lo più, fece il giro del mondo quando il Wall Street Journal per primo dette notizia della riscoperta della tavola della Resurrezione attribuita al genio del Rinascimento Andrea Mantegna (1431-1506) ritrovata nei depositi di un museo cittadino. In poco tempo il nome Bergamo divenne noto a tutti gli storici dell’arte, ai museografi, agli studiosi e appassionati dell’arte del rinascimento italiano in ogni angolo della terra.

Andrea Mantegna, Resurrezione di Cristo, 1492, Accademia Carrara, Bergamo

Era stato scoperto un Mantegna! L’opera considerata di bottega era custodita nei depositi dell’Accademia Carrara e assicurata per soli 30 mila euro, contro il valore odierno di 28-30 milioni di dollari valutati dopo il ritrovamento. L’artefice di questa magnifica scoperta che portò il nome di Bergamo con grande orgoglio in ogni parte del pianeta era stato il conservatore del museo Giovanni Valagussa. Ebbe infatti la geniale intuizione di riconoscere quello che da sempre era sotto gli occhi di tutti ma che nessuno aveva avuto la capacità di vedere: la tavola era parte di un polittico del maestro di dimensioni maggiori che era stata, come spesso capitato nella storia dell’arte a moltissimi altri capolavori, sezionata per ricavarne due quadri. Il conservatore si era avvalso della consulenza del più importante esperto al mondo di Mantegna di Keith Christiansen del Metropolitan Museum of Art di New York e dell’esperto italiano Giovanni Agosti dell’Università degli Studi di Milano, mio relatore di laurea e maestro. Seguirono gli esami diagnostici per gli approfondimenti scientifici come RX, TAC e la DBT la tomosintesi, esame utilizzato per la diagnosi delle neoplasie mammarie nel reparto di Radiologia di un rinomato ospedale della città, le Cliniche Humanitas Gavazzeni.

Oggi

Dopo la grande soddisfazione e orgoglio per il ritrovamento di una importante opera d’arte che diede lustro al nome di Bergamo, in questi giorni il fato è tornato a visitare la città ma con ben altre implicazioni e conseguenze. Il suo nome ha fatto più volte il giro del mondo per l’enorme numero dei contagi del temibile virus Covid-19.

In meno di due settimane Bergamo è diventata la città gemella della lontanissima metropoli cinese di Wuhan, martirizzate entrambe dall’epidemia. Adesso la città si trova a gestire una situazione drammatica per l’altissimo numero di contagi e dove i posti nelle corsie degli ospedali e nelle terapie intensive scarseggiano oppure sono terminati del tutto.

Nell silenzio della città immobile il suono delle sirene delle ambulanze si ode ormai ovunque.

I degenti vengono spostati in altri ospedali della provincia o addirittura in altre regioni, trasportati in ambulanza nelle strutture più vicine o addirittura trasferiti con aerei militari dall’aeroporto di Bergamo per raggiungere quelle più distanti. E’ iniziato inoltre anche il trasporto dei primi pazienti all’estero, verso la Germania. In queste ore il sindaco di Bergamo Giorgio Gori sta lavorando intensamente per l’apertura del più grande ospedale da campo d’Europa per riuscire a dare respiro alle numerose strutture ospedaliere cittadine ormai quasi completamente esaurite di posti e personale medico. Aiuti di personale militare sono giunti in soccorso dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, il primo ospedale di Bergamo, mentre venerdì 27 marzo altro personale volontario da tutte le regioni italiane, il 28 di marzo è arrivata la prima delegazione di medici dall’Albania, sono arrivati in appoggio alle altre strutture e per la gestione del nuovo ospedale da campo in corso di allestimento nell’area della fiera. Molti pazienti vengono tuttavia lasciati a casa non essendo più disponibili posti in ospedale o perché ormai è troppo tardi. Chi ancora può essere curato è assistito a domicilio da personale sanitario che fornisce persino bombole di ossigeno e saturimetri. Il volontariato, vanto della città, è molto attivo sul territorio per fornire assistenza agli anziani e ai bisognosi.

Ma il più doloroso dei problemi resta l’altissimo numero di morti ancora più alto se, come dichiara il nostro sindaco, consideriamo i decessi avvenuti a domicilio con gli stessi sintomi ma le cui cause non vengono più verificate. I servizi funebri e addirittura il crematorio della città non hanno più capienza. Le salme vengono portate in altre regioni per l’incinerazione senza aver ricevuto l’ultimo saluto dai propri cari, né una cerimonia di commiato. L’immagine dei cortei di camion militari che trasportano i feretri verso i crematori distanti sono divenute tragicamente familiari ai bergamaschi. Non fanno più così impressione come nella sera del primo trasferimento. Ci si abitua a tutto, ma ciò che non cesserà mai di farci disperare è il fatto che queste persone non hanno avuto la possibilità di vedere e abbracciare i propri congiunti almeno per un ultimo saluto. Sono per lo più persone anziane, fragili che una volta ricoverate non potranno avere più alcun contatto con la famiglia e per loro inizia un doloroso travaglio spesso senza speranza. I fantastici uomini e donne che li curano, medici e infermieri, lavorano incessantemente, incuranti della loro incolumità provando a farsi carico anche di questo terribile fardello di sofferenza. Sono vicini a tutti i pazienti, curano i loro corpi e si curano anche delle loro anime e ogni volta che è possibile procurano di mettere in contatto i malati con i loro cari almeno tramite videochiamate.

Domenico Ghirlandaio, Vecchio con nipote, 1490, Museo di Louvre, Paris

E’ un vero dramma, anzi una guerra contro un nemico crudele, spietato e invisibile. Bergamo e nessuna altra comunità del mondo merita una tale sofferenza, un tale sfregio alla sua umanità.

Domani

Cosa succederà nel futuro a Bergamo non lo sappiamo di certo, ma ciò che ci auguriamo è che tutta questa sofferenza ci permetta di ritrovare una nuova umanità e ci aiuti a vedere il mondo con altri occhi. Occhi colmi di lacrime ma anche splendenti di gioia una volta che avremo vinto il virus. Dovremo investire di più nella ricerca e nella sanità. Bergamo sarà come la fenice che rinascerà dalle proprie ceneri e ricomincerà da capo ancora più unita e operosa. Bergamo resterà una città d’arte, resterà la terra che custodisce le reliquie di Sant’Alessandro, dell’architetto Giacomo Quarenghi che insieme ad altri architetti italiani hanno costruito e dato lustro alla città di San Pietroburgo. La città natale di Gaetano Donizetti, uno dei più grandi compositori del mondo, la città natale di Papa XXIII nato Angelo Giuseppe Roncalli, il papa buono, la città dello scultore Giacomo Manzù e di tanti altri artisti.

Ma la rinascita sarà definitiva solo quando ci potremo riappropriare della città, perché senza i suoi abitanti, senza la sua linfa vitale una città è soltanto un contenitore, forse anche magnifico, ma vuoto. Questi luoghi di palazzi, chiese, strade e giardini costruiti da uomini per gli uomini sono nulla senza la possibilità di viverli, visitarli, ammirarli.

Siamo in lotta contro la malattia e vinceremo, ma a voler ben vedere la lotta è anche contro un sistema che si è disumanizzato, che addirittura ha disconosciuto la comune appartenenza a questo pianeta in nome di un progresso che nasconde molto spesso solo avidità. È una grande occasione questa che non dobbiamo perdere ed il nostro primo compito, una volta superato questo momento drammatico, sarà quella di non dimenticare …MAI!

Doina Ene

Laureata in Storia e critica dell’Arte con 110 e lode presso l’Università degli studi di Milano la Statale.

Conseguita la Laurea Triennale in Scienze della Comunicazione - Comunicazione d’impresa e la Laurea Specialistica in Progettazione gestione dei sistemi turistici presso l’Università degli studi di Bergamo.

Guida turistica di Bergamo e Provincia

Vivo da 21 anni a Bergamo e lavoro in un ospedale bergamasco da circa 20 anni.

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